Compositore

V.I. Martynov

Scenografia e costumi

preparati nei laboratori del

LE LAMENTAZIONI
DI GEREMIA

 

Il libro delle

Lamentazioni di

Geremia

trasposto in canto

Scenografia e messinscena

A.V. Vassil'ev

Regista

N. Cindjaikin

Scenografo

I.Popov

Ensemble di musica sacra

anticorussa

"Sirin"

Diretto da

A. Kotov

Cantanti

I. Bajgulova

O. Bajgulova

S. Barannikov

V. Georgievskaja

O. Eliseev

R. Kostrykin

P. Kunič

A. Sagajdak

A. Skundina

M. Šentalinskaja

E. Amirbekjan

G. Guseva

M. Stepanič

I. Mišenkova

teatro

"Scuola d'arte drammatica"

 

Direttore tecnico

A.Narazov

 

Macchinisti di scena

N. Antonov

S. Koroteev

V. Nazarov

 

Costumi

S. Zabavnikova

 

Aiuto costumisti

V. Andreev

I. Zajceva

 

Luci

I.Daničev

 

Direttore artistico del Teatro

A.V. Vassil'ev

 

 

 

Il teatro "Scuola d'arte drammatica" ringrazia il direttore artistico dell' "Accademia di musica antica" TatjanaGrindenko per la collaborazione

 


                                                                             

Il vestito a brandelli

 

L’origine di questa storia affonda nell'estate del 1975 quando, dopo aver finito il mio secondo ciclo di studi (che a differenza del primo era di tipo artistico) e dopo aver acquisito una facile gloria, decisi di mettermi alla prova in un'altra professione: dopo aver preso con me una macchina da presa e una scatola con venti negativi, partii con un gruppo di etnografi dell'università di Mosca per una spedizione al Nord. Con le "antiche canzoni popolari" del Mezen cominciò (oppure continuò) un'altra vita. Anzi, sicuramente continuò, ché già qualche anno prima di questo viaggio avevo avuto la sfacciataggine di scrivere della musica sui versi di Marina Cvetaeva in uno stile che allora percepivo intuitivamente, ma che nella sua traduzione pratica rimaneva, purtroppo, solo un sogno... "Se il destino ci avesse uniti", così cominciava la prima canzone; sono ancora oggi sorpreso dalla semplice esistenza delle note sul pentagramma, dal loro successivo arrangiamento (che non feci io) ed infine dalla registrazione che ne fece un'orchestra sinfonica. Ricordo i giorni della mia amicizia con Dmitrij Pokrovskij e il mio affetto per il suo gruppo, le prove del ''Boris Goduriov" al Teatro Taganka... succedeva tanto tempo fa, quando conobbi Andrei Lotov, allora solista del gruppo. Ricordo il battesimo nella chiesa del cimitero Vagankov; mi battezzarono grazie all'interessamento di Nikita Kjubimov quando avevo l’età del generale Gremin nell’ottavo capitolo dell'Evgenij Onegin; all'epoca non sapevo ancora che ero stato fortunato, l'ho saputo dopo, lo dimenticavo e nuovamente lo scoprivo, e così trascorrevano gli anni in teatro) fino a che la volontà dell'Ente Supremo non fece capitare "Giuseppe e i suoi fratelli"; arrivò la primavera, forse era il 1991, la dimostrazione delle scene tratte dal romanzo durò tutta la notte; si leggeva l'Antico Testamento e si cantavano le preghiere del Vespro; al mattino uscimmo all'aria aperta dalla porta dell'ex  cinema "Uran", Pasqua era ancora lontana, ma nell'aria si diffondeva un particolare calore, la neve si scioglieva lentamente e sembrava che la Pasqua fosse arrivata. Ho sofferto molto quando il "Giuseppe" è caduto nella fossa, durante i giorni tragici in cui lo spettacolo (di cui era stata recitata appena la prima nel paesino giapponese di Toga) veniva ridotto a brandelli. Quei giorni coincidevano con quelli del secondo colpo di stato di ottobre e, nello spazio di un momento, "Giuseppe" scomparve e con il mio passato sovietico e la compagnia educata, in cinque anni di lavoro, ad un teatro diverso, non volgare.  -Il mio vestito! ‑gridava Giuseppe e implorava con terrore ‑ non lo strappate! ‑. Si l'hanno strappato, hanno ridotto a brandelli il vestito della madre, il vestito che apparteneva anche al figlio". Così ho perso "Giuseppe e i suoi fratelli"... e mi sono rimaste “Le Lamentazioni". Allora ho chiesto ad Andrei Kotov di cominciare a provare "Le lamentazioni”, a questo punto già con lo scopo di mostrarlo in una forma artistica ben definita sulla scena del teatro "Scuola d'arte drammatica", non avevo fretta di fare i bozzetti delle scenografie, perché la semplice sicurezza in un'immagine scenografica che avrei scoperto in futuro, mi calmava; a Budapest stavano finendo i nostri incontri con Terechek Mari per “Il sogno dello zietto", fu allora che scoprii il quadro complessivo delle "Lamentazioni" così come sarebbero dovute divenire. Non è vero che la nostra vita è casuale e priva di senso rispetto a Dio, non parlerò di tanti fatti accaduti finora, ma mi limiterò a raccontarne uno: nell'agosto del 1994 ho compiuto un pellegrinaggio al sacro Monte Athos per la Festa dell'Assunzione della Madonna; sono rimasto in piedi secondo il rituale bizantino nel Tempio dell'icona di Iver dalle cinque del pomeriggio alle dieci dei mattino successivo, dal Te Deum festivo in onore dell'Icona di Iver, portata solennemente nella Cattedrale, fino alla messa del giorno dopo, quando ho sentito dentro di me tutto ciò che sarebbe successo dopo; sapevo già che "Le lamentazioni" sarebbero state quello che poi sono state realmente. Anche se nonostante ciò, non si possa affermare con certezza che la storia delle "Lamentazioni" sia conclusa.

 

 

Lamentazioni anticorusse

 

E’ una composizione tratta dall'Antico Testamento che Vassil'ev ha presentato nel suo teatro di Mosca in occasione del festival internazionale dedicato a Cechov. Nessuna parola viene pronunciata, attraverso i versi biblici cantati, mirabilmente, dal Coro delle Antiche Musiche Spirituali Russe, sulle note delle musiche composte da Martynov nello scenario semplice, ma bellissimo ideato da Igor Popov. Questa messa in scena è riuscita a provocare nel pubblica, investito da questa severa, ma melodiosa atmosfera spirituale, delle emozioni fortissime. Qui di seguito alcuni appunti di Martynov sullo spettacolo.

 

L'idea di scrivere una composizione ortodossa, extra o para liturgica, sulla base di uno dei testi biblici più importanti ed unitari, mi è venuta negli anni 1990‑91 dopo la felice esecuzione in Germania dell"Apocalisse". Proprio in quello stesso periodo nasceva il complesso corale "Sirin". I suoi componenti avevano scoperto uno stile originale che combinava i canti liturgici anticorussi con la tradizione del canto folciorico. Era un tentativo radicalmente nuovo, non a carattere restaurativo, di far rinascere il canto anticorusso; il loro lavoro, infatti, non dava l'impressione di qualcosa di museale ma al contrario, di molto vivo e moderno. Ho scritto davvero molto per i cori delle chiese e mi sono occupato di riportare in vita i canti liturgici anticorussi in vari monasteri. Ma quando ho sentito per la prima volta i cantori del complesso corale "Sirin", ho capito che solo loro erano capaci, non soltanto di ricostruire gli antichi canti liturgici, ma anche di eseguire una composizione autenticamente originale e moderna che, pur tenendo conto delle antiche strutture, non si limitasse a riprodurle. Ecco perché "Le lamentazioni di Geremia" sono state scritte specificatamente per "Sirin"; anzi, sono state create insieme a questo complesso corale e via via verificate dal vivo, durante il processo di scrittura. L'opera è stata scritta in diverse fasi: spesso ciò che era stato già composto veniva controllato durante le prove, e solo allora la partitura veniva corretta. Penso che davvero nessuno, a parte gruppo Sirin, potrebbe cantare "Le lamentazioni". "Le lamentazioni di Geremia" sono state eseguite la prima volta nel 1992 durante il festival d'avanguardia "Alternativa". Ancora non avevano i prologhi, la seconda parte e il quinto capitolo ma fu comunque in quell'occasione che furono ascoltate per la prima volta da un pubblico. Poi seguirono altri concerti. Interamente sono state eseguite per la prima volta nel 1993, nell'ambito delle "Serate di dicembre" organizzate presso il Museo di Arti figurative A.S. Puskin.

‑ Perché avete scelto proprio il testo delle "Lamentazioni di Geremia" per la vostra opera? Il mondo per come è attualmente, si presenta ai nostri occhi come un cumulo di macerie in tutti i campi ‑ nell'ecologia, nella morale, nell'estetica, nell'arte. Una situazione storica che presenta condizioni analoghe a quelle in cui versa il nostro mondo è quella della Gerusalemme distrutta, pianta dal profeta Geremia nelle sue "Lamentazioni". Il suo pianto non esprime solo disperazione e senso dell'ineluttabilità: è una preghiera, è una presa di coscienza del tradimento compiuto nei confronti della realtà superiore, tradimento che è causa della distruzione di Gerusalemme e del mondo. Ecco perché l'unica azione reale e costruttiva può essere la ripetizione rituale del pianto del profeta poiché è solamente dopo aver pianto con pentimento il proprio tradimento che possiamo sperare di riuscire a ricostruire, prima o poi, il mondo che abbiamo distrutto.

 

 

 

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