Lo spazio
come pensiero
Dietro è
una stanza, davanti il movimento. Dietro è bello, perché
è molto familiare. Davanti è una presenza che non
si distingue ancora: attività senza movimento, stasi e velocità
in pari misura.
Esiste ancora il dialogo riparato? Ogni frase fa riferimento a una
frase precedente, sicché il procedere del colloquio pare
inevitabile e ogni dialogo provoca un altro dialogo. Queste erano
pièces teatrali. Per questo c'erano stanze con aquattro mura
(aperte davanti), in cui un gruppo in conflitto si si alienava nel
colloquio. Le nostre esperienze presenti e future non si lasciano
più rinchiudere in queste stanze.
Paul Virilio la chiama "stasi a velocità vertiginosa":
la condizione di vita in cui, con i nuovi mezzi di trasporto e di
comunicazione virtuali, tutti possono trovarsi ovunque nello stesso
tempo senza muoversi fisicamente da dove si trovano. Saranno frammenti
e collage, linguaggi privi di riferimenti reciproci, autismo attivista,
non un conflitto totale, in cui tutti sono coinvolti personalmente,
ma molti scontri, incidenti, che non si lasciano risolvere in privato.
Dietro è una stanza. Davanti, un grande mezzo di trasporto.
Non si sa dove va. Non si sa nemmeno se va veramente o se sembra
soltanto. Grazie a Dio ci sono molte maniglie, in modo che di tanto
in tanto si possa manifestare una vera immagine di sé. Anche
in caso di frenate d'emergenza, alla fine ci si deve pur aggrappare
a qualcosa.
Dietro è Poco Fa e davanti è Dopodomani. E' un errore
che soltanto dietro si acquattano i sentimenti, tranne forse la
verbosa esagerazione che si confonde con la passione. Non è
facile mantenere l'equilibrio.
Perché
specialisti?
Tutti sanno
tutto e nessuno capisce nessuno. Tutti sono specialisti, perché
tutti hanno qualche competenza speciale. Questo, però, non
basta per rimanere in compagnia. Ognuno ha sviluppato la sua particolarità
con incontenibile nostalgia, e vuole servirsene. Adesso succede
una cosa strana: tutti sono totalmente informati. Dunque, tutti
conoscono ogni particolare. Tutto è trasparente. Eppure sono
pochi quelli che si capiscono, e solo ricorrendo a determinati rituali,
a linguaggi che chiamano codici. La specializzazione riguarda così
l'apprendimento dei linguaggi che servono per comunicare quanto
ciascuno sa di speciale. Sembra bastare che questa particolare capacità
venga accolta nella comunicazione totale. Allora non è più
necessario esercitarla.
E', questa, una condizione di felicità? E' un desiderio accarezzato
dagli specialisti che si realizza? "Per una volta vorrei essere
il contrario, il Tutto"?
Molti specialisti hanno paura: perché le vecchie attività
speciali vengono abolite e si usano nuove attività speciali,
o comunicazioni speciali. Queste nuove comunicazioni speciali hanno
però lo scopo di abolire la specializzazione.
Tanto sono nervosi gli specialisti e svolgono un'intensa attività
nell'inventare specialità sempre nuove e, in più,
creano il bisogno di orientare l'attenzione sulla loro importanza.
Molti di loro non capiscono che non devono affatto inventare qualcosa
di nuovo, ma conoscere le regole necessarie a combinare tutto quello
che è stato inventato.
Le speciali competenze sono parti di persone o intere biografie?
Si possono abolire le biografie?
Specialista è una bella parola. Fa pensare al bricolage,
e anche all'anarchia. Quando le persone consegnano le proprie competenze
a macchine per la comunicazione, rimane pur sempre un resto o altro:
la differenza tra virtuale e materiale. La profonda convinzione
dello specialista di sapere meglio di tutti suonare uno strumento
o elaborare un perfetto orario ferroviario tra due città,
per fare qualche esempio, l'insistere proprio su questo Più
e Altro nei confronti della macchina o del computer, scatena sentimenti
anarchici.
Nel corso della loro storia, gli uomini hanno fatto sparire le proprie
competenze in apparecchi, macchine, computer. Questo presenta vantaggi
e svantaggi. Si sono di colpo perdute qualità che oggi si
ritrovano in una macchina. La macchina ci sta di fronte come forma
di potere. Esperienza, ricordi, conoscenza sono registrati in un
surrogato meccanico del cervello. Si deve imparare a interrogare
questo cervello totale per riaverne indietro una parte, ammesso
che non si facciano errori di codificazione. A un certo momento
gli uomini sono regrediti spiritualmente, emotivamente, forse persino
fisicamente, allo stadio del lombrico, con l'unica capacità
di interrogare il potenziale registrato nelle macchine e che una
volta apparteneva a loro. Forse sviluppano anche altre qualità,
totalmente nuove, che vanno al di là della loro cultura così
come è durata fino a ora. In ogni caso, gli specialisti si
preoccupano per ogni singolo processo impenetrabile. Si sentono
dipendenti, e non sanno da cosa e da chi.
Quanto più le esperienze sono dissociate, quanto più
gli uomini si sentono dipendenti, tanto più hanno l'abitudine
di dire "io". Tutti lo fanno, come se fossero costantemente
responsabili di tutto. Tutti si credono il capo. Tutti sono sempre
di buon umore e soddisfattissimi di tutto, come leggiamo in ogni
manuale per avere successo, che si deve essere sempre "positivi".
E così gli specialisti navigano "positivamente"
da qualche parte, a volte anche facendo gesti di vittoria. Hanno
la spiacevole sensazione di navigare, forse, in una zona vietata,
dalla quale non faranno mai ritorno.
Spie
Le spie devono
essere specializzate in molti campi. Devono riuscire a scoprire
qualcosa che qualcun altro forse sa. Questo qualcun altro è
il nemico. L'età eroica delle spie è stata la guerra
fredda. Oggi la loro attività è retrocessa allo spionaggio
industriale, e la loro legittimazione è quasi insostenibile:
"Abbiamo bisogno di un servizio segreto anche se siamo circondati
soltanto da amici." Come se non sapessero tutti che in questo
mondo non c'è più nulla di segreto. Come se non sapessero
tutti che soffriamo di iperinformazione e trasparenza - almeno quando
dominiamo le macchine per la comunicazione.
L'immaginazione ammanta di romanticismo la figura della spia. E'
che implicano qualcosa di segreto: conducono una doppia vita, la
loro biografia è segreta, quello che dovrebbero riuscire
a scoprire è segreto. La stessa legittimazione della loro
esistenza è dunque legata a un contesto che ormai, è
garantito, non esiste più. Si elimineranno da sé;
oppure reinventeranno il segreto. Alcuni decidono di scrivere la
propria biografia, che poi viene proibita. Altri spiano nel tempo.
Quando una spia non serve più, non si può semplicemente
eliminare una parte delle sue attività e delle sue competenze.
Una spia deve essere eliminata fisicamente: perché ciò
che la rende una spia, sono i suoi ricordi. E' compromessa come
esistenza. E' un potenziale di storia del suo tempo.
Nella coscienza comune, alle spie non resta altro da fare che spiarsi
tra di loro. Diventano pericolose l'una per l'altra; non essendoci
più una divisione fissa, tutti sono concorrenti di tutti.
Continuamente si scopre e si smaschera qualcuno senza che ciò
abbia alcuna conseguenza. La lotta per la legittimazione dell'esistenza
è generale e senza esclusione di colpi. Tutti vogliono essere
i primi. Solo lo scopo rimane poco chiaro: tanto più accanitamente
ci si deve imporre, eliminare l'avversario, stringerlo nella rete.
Chi è l'avversario? Tutti gli altri. L'atmosfera diventa
paranoica. Un innocuo gesto di saluto potrebbe nascondere, in realtà,
un'offesa. Tutti si assomigliano sempre di più: per questo
tutti sono sospettati di aver sottratto all'altro l'essere uguale.
Nossuno sa più chi è stato a cominciare tutto.
Le spie entrano nella storia. Riprendono servizio in altri momenti.
Anche là, adesso, incalzano gli specialisti del presente.
E' qui che si può trovare di nuovo una nuova bella immagine,
non nella storia, ma la storia stessa contro il presente: la storia
vissuta contro quella messa a disposizione. Questo fa parte del
reparto "segreti"? Qualcuno conosce il codice? Alla fine,
gli specialisti devono fare qualcosa che forse è molto semplice
per poter continuare a vivere.
Il presente è provinciale e vuoto. Chi vive esclusivamente
in esso, perde l'immaginazione in favore di un'altra possibilità.
La spia non ha più doveri verso il reale. Vive solo oggi.
La conoscenza
degli esperti
"Poco fa"
significa dietro, "dopodomani" è avanti. E' un
errore che le emozioni rimangano accoccolate solo dietro, tranne
la verbosa esagerazione che confondiamo con la passione. Non è
facile mantenere l'equilibrio.
Tutti sanno tutto e nessuno capisce niente. Sono tutti specialisti,
perché ciascuno ha una qualche capacità specifica.
Questo però non basto a rimanere in una società. Ognuno
ha costruito il proprio particolare con invincibile fervore e vorrebbe
utilizzarlo.
Molti specialisti hanno paura: mostrano una forma di attivismo autistico.
Per non essere licenziati si camuffano da impiegati. Si adeguano.
Nascondono il proprio particolare. Lo specialismo è diventato
sospetto. Sono tutti d'accordo. Nessuno vuole perdere. Ciascuno
vuole essere il primo. Solo l'obiettivo è poco chiaro. Tanto
più violentemente occorre imporsi, sbaragliare il nemico,
srotolare la rete. Ma chi è il nemico? Gli altri. L'atmosfera
diventa paranoica. Un innocuo gesto di saluto potrebbe mascherare
un'offesa. Si diventa sempre più uguali gli uni e gli altri.
Per questo ciascuno è sospettato di avere rubato all'altro
l'uguaglianza. Nessuno sa più come è cominciato tutto
questo. Gli specialisti non vogliono semplicemente rimanere in vita.
Vogliono rimanere vitali, nel senso di fare esperienze. Cosa distingue
gli specialisti dagli esperti? Gli esperti sanno: gli specialisti
conoscono. Gli esperti si intendono di alcuni specifici settori
del sapere dominante. Il loro sapere è funzionale, anche
quando non si preoccupano degli effetti della sua applicazione.
Gli specialisti, al contrario, sono sempre stati degli scialacquatori.
E ora che non vengono più chiamati in causa, devono ostinarsi
a fare cose poco pratiche. Nessuno ha bisogno di loro, anche se
conoscono particolarmente bene ciò che conoscono.
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